
La compravendita della città ignora il «consumo zero» _ Il suolo nel nuovo piano urbanistico
Oggi si parla di traffico, ieri si è parlato di agricoltura, domani di lavoro e impresa. Sono i temi del trittico di incontri, organizzati dal Comune, con cui i progettisti del nuovo piano regolatore (il Pug) illustrano il lavoro che stanno facendo e i principi cui si ispirano.
A scanso di equivoci diciamo subito che i tre seminari in corso al Fortino Sant’Antonio sono senz’altro utili e importanti, ma solo a patto di non considerarli una attività di partecipazione. La comunicazione, la pubblicità e il marketing sono una cosa, l’urbanistica partecipata è tutt’altro, come sanno bene i sociologi urbani. In fondo con tre o quattro incontri si soddisfa l’incombenza burocratica di «documentare» il coinvolgimento dei cittadini, come pretende la legge urbanistica regionale. E così siamo tutti contenti.
Cogliamo l’occasione di queste tre giornate per affrontare un tema – il consumo di suolo e la difesa del territorio – che è il vero nocciolo della complicata faccenda del nuovo piano urbanistico. Un tema i cui caratteri tragici rischiano di sfumare quando nella discussione si agitano concetti «positivi» come paesaggio, bellezza, sostenibilità, senza chiamare in causa la rendita fondiaria.
Tra le dieci città più cementificate d’Italia, Bari occupa un ragguardevole quarto posto dopo Napoli, Milano e Torino con il 38, 5% della superficie totale (Ecoalfabeta, 2008). Se si confronta questo dato con la rilevazione Ispra del 2005 (37,7%) , scopriamo che in soli tre anni e in piena crisi dell’edilizia è stato consumato l’ulteriore 1%. Ma i numeri dell’Ispra ci dicono anche qualcos’altro, ci mostrano cioè la dimensione mostruosa e antieconomica dello spreco: gli ettari di suolo rapiti alla campagna sono 4.381, ma sono scarsamente abitati. L’indice di intensità è nel 2005 di 74,6 abitanti per ettaro. Un indice modesto, se si pensa che a Torino nello stesso spazio abitano 127,3 persone, e ancora più grave se si considera che a Bari nel 1999 l’indice di intensità era 79,2 e nel 1990 era 82. Dunque si costruiscono case (e strade) per cittadini che non ne hanno bisogno (l’emergenza abitativa, che pure c’è, ha a che fare con l’enorme quantità di vani sfitti).
Dunque Bari con il suo 38,5% partecipa attivamente alla condizione della Puglia che (con l’11%) è insieme alla Campania e alla Lombardia tra le regioni più affamate di suolo dell’intera Italia, attestata su un 7,3% (che significa, se vogliamo avere un’idea della faccenda, che in questo momento stiamo distruggendo la campagna al ritmo di 8 metriquadri al secondo).
E al di fuori dei confini nazionali, che succede? L’Italia è ben al di sopra della media europea (4,3%) e anche di paesi più industrializzati come la Francia (5,1) e la Germania (6,8). E il governo di Berlino ha fissato un obiettivo ambizioso: consumo zero di suolo entro il 2050. Ma non si è limitato ai buoni propositi e il parlamento federale ha approvato una serie di norme. La prima risale al 1998: il «Gesetz zum Schutz vor schädlichen Bodenveränderungen und zur Sanierung von Altlasten», cioè la legge federale «per la difesa dalle trasformazioni dannose del suolo e per la bonifica dei siti inquinati». Questa legge ha suscitato poi la riforma del Codice dell’edilizia e quella della legge urbanistica, poi una legge per la rigenerazione delle aree dismesse e, nel 2002, una nuova legge sulla tutela della natura. La risposta dei tedeschi è stata contraddittoria, ci sono resistenze ma anche entusiasmi: il consumo zero è già attuale nel Baden-Wüttemberg, il Land di Stoccarda, e in Sassonia è stato ridotto a 1,35 ettari al giorno (a fronte di un consumo nazionale di 78 ettari, nel 2009). Ciò significa che le scelte decisive sono quelle che si fanno a livello locale, nelle Regioni e nei Comuni.
Di fronte a questo scenario, che avrà da dire il nuovo piano regolatore di Bari?. La strada è già indicata dal Documento programmatico preliminare. Ed è una strada consapevole ma timida. Non si parla di consumo zero ma appena di «grande prudenza nella espansione edilizia», che in numeri fa 15 milioni di metri cubi (a tanto ammonta il residuo del Piano Quaroni). E quand’anche leggi dello Stato abbiano già reso impossibile costruire una parte di quei metri cubi, i progettisti del Pug stanno già studiando come neutralizzare il rischio di impresa e indennizzare i proprietari dei suoli (cap. 3.4.4 del Dpp): con il credito edilizio. Ma questo non si può dire, altrimenti i professori si offendono. Loro parlano di perequazione e compensazione: non è la stessa cosa, ma suona meglio. Soft.
NICOLA SIGNORILE