Nella foto, gazebo in piazza Arringo ad Ascoli (Labolognese)
Sempre più spesso, per far vivere il centro storico delle nostre città si punta tutto sulla movida, sul villaggio di Babbo Natale, finanche sui dehors, una vera e propria bestemmia per chi davvero avesse a cuore le sorti della città, alla rincorsa di un’idea di modernità raccogliticcia e di una crescita qualunque, all’inseguimento di un facile quanto populistico sviluppo turistico.
La voglia matta dei grattacieli in riva al mare _ I progetti rimasti nel cassetto
Grattacielo: una voglia repressa per i baresi che si sono dovuti accontentare di immaginarlo per anni in quel palazzo appena più alto della media, ad angolo tra il corso Vittorio Emanuele e il corso Cavour, che i cittadini più maturi ricordano appunto come il «grattacielo della Motta». Sulla sommità si accedeva una insegna al neon della compagnia di bandiera dei panettoni. Quella pubblicità gigantesca rimandava al caffè e al ristorante che occupavano per interi il piano terra e il primo piano piano, pavimentati con piastrelle azzurre realizzate a Bari, dalla Ceramica Levante, in un forno elettrico di via De Nicolò: di un colore talmente bello che ne vollero uguali per gli storici locali della Motta in Galleria, a Milano. continua a leggere
L’espansione di Japigia negli anni sessanta. In primo piano il sacrario, inaugurato nel 1967
Demolire la città e ricostruirla. La scelta mancata _ Benevolo e Piccinato, dopo mezzo secolo
“Se si vorrà fare la città del futuro si dovrà abolire la proprietà privata dei suoli”: è il mite Leonardo Benevolo che indica la strada per risolvere la crisi della vita urbana in Italia. Parole ancora più sorprendenti, quelle del noto architetto e urbanista, se si considera che risalgono a quasi mezzo secolo fa. Benevolo risponde alle domande del giornalista della Gazzetta Ugo Apollonio, nell’ambito di una inchiesta sul tema “Come vivremo nel Duemila”.
Il bene comune non è petrolio _ Paesaggio, Decreto Cultura e «Sblocca Italia»
«Matera rappresenta l’esatto contrario dell’economia di rendita che sfigura le città d’arte, come Venezia o Firenze, ridotte a grandi griffe». Tomaso Montanari, lo storico dell’arte che conduce una strenua battaglia per la difesa del patrimonio culturale, era capitato a Matera un anno fa, «in quella che, sulla carta, era la più sfavorevole delle situazioni». Perché in un medesimo giorno si davano il festival di Radiotre e la presentazione del dossier della candidatura a Capitale europea della cultura. Troppi eventi.
Pubblichiamo un estratto dell’intervento di Salvatore Settis al Festival del Diritto in corso a Piacenza.
Pensata per la vita associata e costruita per durare, la città è il luogo deputato della progettazione del futuro. Perciò la dissoluzione della città storica e la messa al bando della diversità dei modelli urbani incidono sul comportamento delle donne e degli uomini, impongono nuove rotte alle pratiche della cittadinanza, trasformano il discorso pubblico sulla democrazia, sull’economia, sull’eguaglianza.