
Ancora il mare non bagna Bari Vecchia _ Concorso per il lungomare: una mostra invisibile
La mostra dei progetti presentati al concorso per il lungomare di Bari vecchia si doveva fare all’inizio dell’anno, a gennaio. Con quattro mesi di ritardo rispetto alla conclusione della gara ma, come si dice, meglio tardi che mai. Avremmo potuto finalmente mettere a confronto le diverse proposte, ma solo le prime dieci classificate. Perché mai poi escludere le altre sei? In fondo i partecipanti sono stati talmente pochi, per essere un concorso internazionale… ma poi è passato gennaio, e poi febbraio e anche marzo e pure aprile se ne sta andando. E della mostra s’è persa traccia e memoria. Curiosa coincidenza: dal Comune annunciavano l’esposizione dei progetti il 19 novembre scorso, pochi giorni dopo che nella rubrica “Piazza Grande” ci chiedevamo che fine avesse fatto. E intanto i vincitori del concorso – il gruppo guidato dall’architetto Gianluigi Sylos Labini – precisavano che l’autosilo è solo una proposta avanzata all’Amministrazione e non sarà oggetto del prossimo appalto. Naturalmente, considerando che per l’insieme dei lavori sono stanziati solo otto milioni di euro. Ma che il Comune non abbia alcuna intenzione di realizzare l’autosilo davanti a Santa Scolastica in futuro non è affatto chiaro. Certo, c’è l’esplicita affermazione del sindaco Decaro ma le amministrazioni pubbliche parlano per atti e finora agli atti c’è un progetto vincitore con la «proposta» di un autosilo sul lungomare imperatore Augusto. Che poi la parola autosilo non piaccia, che sia più chic chiamarlo «edificio multipiano plurifunzionale» poco cambia: si tratta sempre di una grossa costruzione alta una dozzina di metri destinata (anche) a parcheggiare molte automobili. Ed è appunto questo ingombrante volume posto difronte a Santa Scolastica, cioè al luogo in cui ci dicono gli archeologi è nata la città di Bari, che la commissione giudicatrice ha scelto. Nonostante la presenza di un giurato indicato dalla Soprintendenza ai Beni paesaggistici e nonostante i fulgidi esempi di Marsiglia, Genova e Barcellona evocati da Stefano Boeri, all’atto del suo insediamento.
Non è una proposta, invece, il Mumab, il Museo del mare che con il progetto si vuol realizzare all’interno della stecca del mercato del pesce (nelle immagini, le tavole del progetto vincitore). Immaginiamo che Decaro del museo invece fosse al corrente e quindi siamo curiosi di sapere cosa conterrà e soprattutto chi lo gestirà, con quali risorse, quale programma e quale personale. A meno che non sia una scatola vuota da mettere sul mercato, un altro pezzo della inarrestabile privatizzazione dello spazio pubblico. Vorremmo essere smentiti. Resta però un dubbio: non esistendo a Bari un Museo del mare, con una propria collezione, da trasferire nella nuova sede sul molo Sant’Antonio come avranno fatto gli architetti e gli ingegneri a progettarne gli spazi? Con quale committenza si sono confrontati? A quali esigenze (percorsi, dimensioni, tecnologie) daranno una risposta? Aspettavamo la mostra, per saperne di più.
Nell’attesa – ancorché vana – vorremmo allontanare il sospetto di una critica preconcetta al progetto vincitore. Il concorso non poteva dare che questi risultati perché è nato male, sulla base di un progetto (poi ridotto al rango di studio di fattibilità) assai fragile nei presupposti. Un progetto di arredamento per esterni che ignorava la complessità del rapporto tra la linea di mare e la città vecchia. Forse tra i progetti sconfitti se ne troverebbero di quelli che si sono misurati con questo nodo (e, chissà, proprio perciò sono stati accantonati): non ci aspettiamo certo superficialità da progettisti del paesaggio urbano come il portoghese Joao Ferreira Nunez o il catalano Oriol Bohigas. Il nodo, per chi sappia leggere il Piano particolareggiato di Bari vecchia e non solo le sue Norme tecniche di attuazione, è proprio il lungomare, la strada che allontana l’acqua dalle mura e che ora vogliono allontanare ancora di più. A chi crede che sia assurdo pensare non solo ad un declassamento delle carreggiate ma addirittura ad una loro eliminazione, ricordiamo che l’architettura è capace di costruire ma anche di demolire. Leonardo Benevolo, in una delle sue ultime battaglie per Roma, aveva proposto di radere al suolo via della Conciliazione e ricostruire la «Spina di Borgo», demolita dagli urbanisti di Mussolini, in modo da restituire a San Pietro e al colonnato del Bernini tutta la forza della sorpresa barocca del vuoto improvviso dentro la minuta densità urbana. Un bell’esempio di strategia del restauro della città. Ma con le zattere dello street food c’è ben poco da restaurare.
di NICOLA SIGNORILE