PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 20_04_2018

Ancora il mare non bagna Bari Vecchia _ Concorso per il lungomare: una mostra invisibile

La mostra dei progetti presentati al concorso per il lungomare di Bari vecchia si doveva fare all’inizio dell’anno, a gennaio. Con quattro mesi di ritardo rispetto alla conclusione della gara ma, come si dice, meglio tardi che mai. Avremmo potuto finalmente mettere a confronto le diverse proposte, ma solo le prime dieci classificate. Perché mai poi escludere le altre sei? In fondo i partecipanti sono stati talmente pochi, per essere un concorso internazionale… ma poi è passato gennaio, e poi febbraio e anche marzo e pure aprile se ne sta andando. E della mostra s’è persa traccia e memoria. Curiosa coincidenza: dal Comune annunciavano l’esposizione dei progetti il 19 novembre scorso, pochi giorni dopo che nella rubrica “Piazza Grande” ci chiedevamo che fine avesse fatto. E intanto i vincitori del concorso – il gruppo guidato dall’architetto Gianluigi Sylos Labini – precisavano che l’autosilo è solo una proposta avanzata all’Amministrazione e non sarà oggetto del prossimo appalto. Naturalmente, considerando che per l’insieme dei lavori sono stanziati solo otto milioni di euro. Ma che il Comune non abbia alcuna intenzione di realizzare l’autosilo davanti a Santa Scolastica in futuro non è affatto chiaro. Certo, c’è l’esplicita affermazione del sindaco Decaro ma le amministrazioni pubbliche parlano per atti e finora agli atti c’è un progetto vincitore con la «proposta» di un autosilo sul lungomare imperatore Augusto. Che poi la parola autosilo non piaccia, che sia più chic chiamarlo «edificio multipiano plurifunzionale» poco cambia: si tratta sempre di una grossa costruzione alta una dozzina di metri destinata (anche) a parcheggiare molte automobili. Ed è appunto questo ingombrante volume posto difronte a Santa Scolastica, cioè al luogo in cui ci dicono gli archeologi è nata la città di Bari, che la commissione giudicatrice ha scelto. Nonostante la presenza di un giurato indicato dalla Soprintendenza ai Beni paesaggistici e nonostante i fulgidi esempi di Marsiglia, Genova e Barcellona evocati da Stefano Boeri, all’atto del suo insediamento.

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PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 02_04_2014

FIKFuksas l’archistar fra la Rossani e le baruffe baresi _ Il giallo della progettazione partecipata

Ora è il turno di Fuksas. Dopo Gae Aulenti e David Chipperfield, anche Massimiliano Fuksas rischia di rimanere impigliato nelle baruffe baresi. A Gae Aulenti non riuscì di portare a termine ben due progetti: quello della Galleria d’arte contemporanea a Villa Capriati e quello del museo archeologico a Santa Scolastica. Entrambi i progetti sabotati dall’interno della stessa Amministrazione provinciale. David Chipperfield è stato tirato dentro la faccenda del Margherita e gli è stato chiesto di trasformare un teatro in museo. Lui, riluttante ma generoso di idee, nonostante l’assurdità dell’incarico ricevuto non si sa bene da chi: dal Comune di Bari oppure da una fondazione privata napoletana oppure da un «delegato» del sindaco che si adopera per lo sfortunato progetto.

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PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 20_03_2013

Vista aerea di New York
Vista aerea di New York

Trionfo della città e legge “bella” da palazzinari _ Centro storico o suolo agricolo?

Ai sindaci riuniti lunedì scorso a Bari piace molto il disegno di legge «sulla bellezza» lanciato da Legambiente. Una legge, in realtà, da palazzinari (sia pure di « sinistra immobiliare»)  che asseconda il consumo di suolo fingendo di contrastarlo. È possibile che se ne riparli venerdì prossimo, nel convegno organizzato dall’Ordine degli architetti sul tema «Rigenerare nel paesaggio storico urbano». Tra i relatori c’è Bruno Gabrielli: è la voce dell’Associazione dei centri storici e artistici  ma anche il leader del gruppo che sta già lavorando al nuovo piano urbanistico di Bari. Non si tratta di una coincidenza:  senza dubbio anche la storia professionale dell’urbanista genovese ha pesato nella scelta della commissione che lo ha preferito agli altri blasonati concorrenti: Federico Oliva, Bernardo Secchi e Oriol Bohigas. continua a leggere

PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 14_11_2012

foto aerea di Bari

I fantastici quattro alla prova del centro strorico _ I candidati al piano urbanistico

La partita del nuovo piano regolatore se la giocano in quattro e i gruppi concorrenti sono guidati da nomi grossi dell’urbanistica. Tre italiani: Bernardo Secchi, Federico Oliva e Bruno Gabrielli. E un catalano, anzi il catalano: Oriol Bohigas. Benché straniero, fra tutti Bohigas sembra essere quello più vicino alle cose baresi, per essere stato consultato – oramai un decennio fa – sul destino di Punta Perotti e della costa Sud. Più recente è l’incarico di progettista della futura, imminente lottizzazione del tondo di Carbonara. Senza dimenticare la circostanza in cui nasce la liaison barisienne del catalano: il progetto del waterfront di Mola con piano Urban incorporato. E non è un caso che nel gruppo candidato a scrivere il Pug di Bari, insieme ai soci dello studio Mbm di Barcellona e a un paio di tecnici di Parma, ci sia anche l’architetto Nico Berlen, ex sindaco di Mola.

La commissione interna del Comune di Bari, presieduta dall’architetto Anna Maria Curcuruto, dopo aver ammesso tutti i quattro candidati, ne sta ora esaminando le proposte, attribuendo i punteggi. La decisione dovrebbe arrivare entro un mese.

A ben considerare, il lavoro della commissione avrebbe potuto essere assai più gravoso. In fondo, quattro candidati sono pochi per un città delle dimensioni e la complessità di Bari e con una storia urbanistica importante: un segno inequivocabile del declino. È vero che i requisiti posti dal bando hanno spiazzato molti potenziali concorrenti, ma ciò non basta a spiegare l’assenza di stranieri (Bohigas, come abbiamo detto, non fa testo).

Tuttavia potremmo aspettarci l’arrivo di qualche esperto dall’estero se dovesse vincere il gruppo guidato da Bernardo Secchi, che schiera Paola Viganò (con cui condivide lo studio a Milano) e il leccese Salvatore Mininanni:  l’urbanista dell’Iuav di Venezia infatti si avvale spesso di  collaborazioni internazionali.

Molto legate al territorio, sebbene diverse tra loro, sono invece le personalità riunite dall’architetto Federico Oliva, docente del Politecncio di Milano: c’è l’urbanista barese Dino Borri (responsabile scientifico del Piano strategico di Bari), ci sono l’agronomo Antonio Leone e l’architetto Michele Beccu (studio Abdr), che ha insegnato al Politecnico di Bari, e c’è la paesaggista barese Maria Valeria Mininni, fra i principali autori del Piano paesaggistico regionale della Puglia.
Infine, il gruppo che – sulla carta – parte in vantaggio avendo realizzato il Documento programmatico preliminare al Pug. Di certo è il gruppo che avrà meno difficoltà a interpretare il quadro di conoscenze contenuto nel Dpp e ad attenersi alle previsioni del documento nella redazione del nuovo piano urbanistico. Il gruppo (di cui fanno parte tra gli altri  Francesco Cellini, Mauro Saito, Francesco Nigro, Francesca Calace e Stefano Stanghellini) ha però perduto il suo leader, l’architetto Gianluigi Nigro, scomparso lo scorso febbraio. Alla competizione per il Pug la squadra del Dpp si presenta con un nuovo capitano: è Bruno Gabrielli, 80enne docente emerito dell’Università di Genova, uno dei protagonisti dell’urbanistica italiana sin dal dopoguerra.

Dal 1968 Gabrielli si occupa di centri storici ed è stato a lungo presidente dell’Associazione nazionale Centri storici e artistici. Ha promosso due iniziative assai importanti per il riconoscimento e la tutela dei centri storici in Italia: la «Carta di Gubbio», nel 1990,  per la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico e la «Carta dei Diritti delle Città» (1992) per la conservazione e costruzione delle identità urbane.

È certamente una coincidenza, ma dobbiamo rilevarla. Mentre la commissione comunale esamina curriculum e proposte per il Pug, a Bari si discute della richiesta – avanzata dalla direzione dei Beni culturali – di applicare un vincolo paesaggistico a Bari vecchia e a tre quartieri: Murat, Libertà e Madonnella. Si tratta di  considerare «centro storico» tutta questa ampia zona della città che invece il piano regolatore di Ludovico Quaroni – tuttora vigente – classifica come «zona di completamento».  È una brutta discussione, velenosa, quella che sta montando: le permalosità e le gelosie istituzionali pesano ben più dei contenuti, come abbiamo scritto nelle scorse settimane. Non sarà forse la mancanza di bon ton a tenere lontani da Bari gli urbanisti stranieri? Non sarà la facilità  con cui le ragioni del bene comune vengono sacrificate sull’altare del mercato a rendere sempre meno attraente la città che aveva le mura pescose?

NICOLA SIGNORILE

 

PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 19_09_2012

La Sagrada Familia di Barcellona

Estasi o lentezza, giovani in cerca di un altro futuro _ Architetti, fra premi e festival

Architettura dappertutto e in ogni salsa, questa settimana a Bari. Ieri si è svolta la cerimonia di consegna dei Premi Apulia, all’architetto Gianclaudio Caponio nella sezione dei giovani (under 40) con la sede della Lamonica Elettromeccanica che ha realizzato a Santeramo e a Monica Villani (sezione
committenti privati) per la casa che l’architetto Antonella Mari ha tirato su per la sua famiglia nel centro storico di Polignano.

Domani si apre la lunga e densa kermesse di «Pugliarch», il festival ideato e organizzato dal Gab (il gruppo dei Giovani architetti della provincia di Bari). Quasi novanta appuntamenti di ogni genere. Ad aprire le danze – nel castello normanno-svevo – sarà l’architetto e urbanista catalano Oriol Bohigas che, forse senza volerlo e anzi contro le sue stesse aspettative, incarna l’architettura della lentezza pugliese, considerando gli anni e i travagli che ha accumulato la realizzazione del suo progetto per il waterfront di Mola: il primo, minuscolo pezzetto è stato realizzato a distanza di dieci anni dall’approvazione del Piano Urban. Né a Bari le cose vanno più spedite: il piano di lottizzazione del Tondo di Carbonara firmato da Bohigas è stato approvato solo la primavera scorsa, dopo tre anni dalla sua presentazione. Ma il caso vuole che sia proprio lui ad aprire il festival dedicato al tema della Slow architecture, della architettura, appunto, della lentezza. Gli organizzatori spiegano che la Puglia «per le sue caratteristiche di paesaggio e le sue bellezze architettoniche, rappresenta indubbiamente il luogo migliore dove recuperare la lentezza, inteso come un momento di riflessione sulla qualità e la messa a punto di pratiche per il suo recupero».

Il festival vuol essere un momento critico di riflessione sui temi dell’architettura e «un invito ai progettisti a lavorare in maniera tale da inserire nei “condizionamenti fast” dei committenti, a cui sempre più spesso siamo sottoposti, “scelte slow”, ovvero elementi di riflessione che partano da nozioni minime formali e storiche di architettura e territorio in cui si interviene come acquisizione della tradizione (formale e costruttiva), per poi realizzare nuove architetture che si misurino con la contemporaneità». Queste ultime parole sono rivelatrici di una irresistibile tensione al passato. Il modello è la cattedrale che si costruiva nell’arco non di anni, ma di secoli. Modello oggi improponbile e che tuttavia suggerisce «la necessità di rallentare il processo produttivo non necessariamente in termini temporali ma piuttosto qualitativi».

L’invito alla lentezza è tanto affascinante quanto subdolo perché evoca simpatiche teorie economiche di decrescita e pratiche antiglobaliste da kilometro zero. Il successo interazionale dello slow food, già alla fine degli anni Ottanta aveva fatto pensare alla nascita di un più generale movimento slow che non c’è stato. Non è questo il luogo per indagare le ragioni di tale assenza, ma almeno conviene soffermarsi a notare come l’ideologia slow trascini con sé un grumo di contraddizioni. Da una parte l’inderogabile necessità di introdurre forme e modi di partecipazione popolare che non possono non rallentare le procedure decisionali nella trasformazione della città, salvandola da derive antidemocratiche. Dall’altra il ritorno di certe anticaglie come l’autorialità.

La figura dell’architetto-artista, solitario nella sua creazione, era stata spazzata via dal movimento moderno ma non è un caso che Antoni Gaudì con la sua incompiuta Sagrada Familia a Barcellona sia un modello dell’architetto slow che sogna la cattedrale infinita. La mitologia antimoderna che nutre questo sogno è come un fiume carsico ed emerge qui e là. E sembra ogni volta di riascoltare le parole di Milan Kundera quando racconta, nel suo Elogio della lentezza (1995), dell’uomo curvo sulla sua motocicletta «tutto concentrato sull’attimo presente del suo volo; egli si aggrappa ad un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo; in altre parole, è in uno stato di estasi; in tale stato non sa niente della sua età, niente di sua moglie, niente dei suoi figli, niente dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere. La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo».

Ben altre paure nutre invece il passato.

 NICOLA SIGNORILE

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