Chiesa di San Ferdinando, Bari – progetto di Saverio Dioguardi
San Ferdinando una tedesca senza gradini _ Dioguardi e il «giallo» del progetto
E adesso vogliamo anche i leoni e i capitelli e le vittorie alate! Non ci basta quella scalinata da sfilata di moda! Li vogliamo perché li aveva concepiti proprio lui, l’architetto Saverio Dioguardi: abbiamo le prove!
Proprio in questi giorni, a Bari, è in corso un braccio di ferro tra un gruppo di cittadini, riuniti in un comitato, e l’amministrazione comunale circa il progetto, esito di un concorso internazionale di anni fa, riguardante una delle strade più famose della città, via Sparano. Al di là dell’abominevole slogan utilizzato dall’amministrazione – “il restyling di via Sparano” – e quindi dai mezzi di comunicazione, l’idea politica alla base è sempre la stessa: tirare a lucido le zone più accessibili dai turisti e dai ceti abbienti (in questo caso addirittura una sola strada) e lasciare nell’oblio i quartieri meno centrali. Che l’idea sia pessima non ce lo dice solo il celebre Renzo Piano con il recente team di architetti da lui guidati impegnati a “ricucire” le periferie. Anche Richard Rogers aveva acutamente descritto in un libro fondamentale la deriva delle città rese sempre più regni del consumismo, contraddittorie, settoriali, ghetti da un lato, salotti dall’altro.
Questo votarsi al turismo come principale parametro per calibrare le politiche urbanistiche e sociali corrisponde al suicidio delle città e per alcune lo è già stato. Economia, impianto urbanistico, politiche abitative, infrastrutture dedicate ai flussi turistici rendono posticci i luoghi che dovrebbero essere la casa della civiltà e li fanno collassare quando il turismo diminuisce o si azzera. Le città più belle sono quelle dove ogni cittadino ha gli stessi diritti, gli stessi servizi, gli stessi luoghi – per abitare, per lavorare, per svagarsi – a disposizione. Se una città funziona per un cittadino, anche il turista avrà di che visitare, ammirare, usufruire.
E’ per questo che l’articolo di Carlo Ossola, pubblicato oggi su Il Fatto Quotidiano ci è parso ricalcare in maniera condivisibile i punti cardine dell’urbanistica attuale. Quelli su cui ancora si può lavorare con propositività e determinazione ottenendo efficaci risultati. Se solo si volesse.
Di seguito ne riproponiamo alcuni passi.
“La civiltà moderna tira a uguagliare, ha scritto Leopardi nello Zibaldone: e ad uguagliare non già rendendo pari i diritti ma spegnendoli: “L’incivilimento ha mitigato la tirannide de’ bassi tempi, ma l’ha resa eterna (…). Spegnendo le commozioni e le turbolenze civili, in luogo di frenarle com’era scopo degli antichi (Montesquieu ripete sempre che le divisioni sono necessarie alla conservazione delle repubbliche, (…) e che per regola generale, dove tutto è tranquillo non c’è libertà), non ha assicurato l’ordine ma la perpetuità, tranquillità e immutabilità del disordine, e la nullità della vita umana» (10 luglio 1820).
In via Sparano un cannocchiale senza fondale _ Le palme, i negozi e gli urbanisti
«Gli alberi di corso Cavour servono solo a nascondere le belle insegne dei negozi e a favorire una moltiplicazione di insetti, e quelli di via Putignani vengono lasciati crescere soltanto perché la sostituzione di alcuni di essi ormai rinsecchiti costa più dell’espiantamento di tutti gli altri e del relativo ripristino del marciapiede». Le parole del professor Donato Scaramuzzi, famoso agronomo e consigliere comunale risuonano ancora nell’aula di Palazzo di città. È il 1949 e il sarcasmo di Scaramuzzi dà voce ad una parte non insignificante della città, la stessa che avrebbe sostenuto di lì a poco l’approvazione del piano regolatore di Piacentini e Calza Bini, padre di tutte le speculazioni. Scaramuzzi dà voce ad un ceto bottegaio che odia a tal punto le querce di corso Cavour da volerle morte: e qualcuno davvero fu sorpreso dai vigili urbani mentre le innaffiava con l’acido muriatico, sperando che seccassero una volta per tutte.
L’interno del negozio Giove progettato da Marino Lopopolo nel 1937
In quella strada la vecchia abitudine di vedere il futuro _ Un secolo di negozi e architetti
Sentivamo la mancanza dell’autorevole e inconsapevole giudizio di Vittorio Sgarbi sul progetto per via Sparano, oramai prossimo alla gara d’appalto. «Sradicare le palme è un atto criminale» ha detto il critico d’arte, aggiungendo sale all’imbarazzante, sgangherato dibattito. Ma l’unica vittima finora accertata è l’architettura. Chiunque sia il vincitore (l’amministrazione comunale oppure i «salvatori» della via dello shopping) sul terreno rimarrà l’idea che un progetto possa trasformare un luogo e migliorare la vita di chi lo abita.
A San Ferdinando i conci di tufo truccati da…tufo _ Ferite all’opera di Dioguardi
«È durata poco. Non abbiamo fatto in tempo ad applaudire la demolizione della veranda dei quel caffè, che un’altra ferita è stata inferta in piazza San Ferdinando». Al telefono Michele Spinelli, esperto di arte contemporanea e gallerista, è sconsolato. Ci segnala il nuovo insulto all’edificio che racchiude al suo interno la chiesa di San Ferdinando.