PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 08_04_2015

Il Tettuccio | Montecatini Terme

Con le dolci bugie del passato ritorna il Kursaal _ Portoghesi, post e neo-liberty

Con il Kursaal Santalucia si chiude il poker del «Miglio dei Teatri» che riunisce anche il Petruzzelli, il Piccinni e il Margherita. Quattro luoghi di spettacolo dal vivo nel raggio di poche centinaia di metri. Il protocollo di intesa sottoscritto tra Comune di Bari e Regione Puglia la settimana scorsa promette di liberare la sala di largo Adua dall’incantesimo che l’aveva imprigionata in un groviglio giudiziario, tra liti di condominio, fallimenti, aste e provvedimenti amministrativi, fino alla chiusura, quattro anni fa, e infine all’acquisto da parte della Regione.

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PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 17_07_2013

Palazzo SGPE (Società Generale Pugliese di Elettricità), Via Crisanzio, 1957, Vittorio Chiaia, Massimo Napolitano
Palazzo SGPE (Società Generale Pugliese di Elettricità), Via Crisanzio, 1957, Vittorio Chiaia, Massimo Napolitano

La solitudine degli edifici del secolo breve _ Perché il “Pascali” ha perso la faccia

Non sarà mai più come prima. Anche se l’Ufficio tecnico della Provincia ha trovato nelle pieghe del bilancio un fondo per ricostruirla, la facciata dell’ex Istituto d’arte “Pascali” rimarrà nella migliore delle ipotesi una approssimativa riproduzione, dopo che è stato demolito l’intero paramento di mattoni rossi, per urgentissimi motivi di sicurezza: alcuni mattoni, distaccandosi e cadendo avrebbero potuto colpire gli studenti, proprio negli giorni degli esami di maturità. continua a leggere

Ricordando Gae Aulenti

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scenografia di Gae Aulenti per “Lo stesso mare”

Il gioco di Gae Aulenti nel mondo «postumo» _ I progetti «mancati» in Puglia. La piazza Pagano rinata a Potenza

«Stiamo vivendo la nostra attualità come un continuo superamento: di ideologie, innazitutto, ma anche di forme e di critiche». Ma nei rivolgimenti epocali era sempre stata a suo agio Gae Aulenti. E invece di smarrirsi di fronte alla frana delle certezze diceva: «Il nostro essere “post” o postumi, in tutti i sensi, ci legittima a creare cose che siano contemporaneamente utili e inutili, pregne di significato e insignificanti, con una forma e informi».

Sono parole che Aulenti ha pronunciato di recente ma si prestano perfettamente a spiegare la sua giovanile ribellione al dominio del Modernismo, al dogma della indissolubile coppia forma-funzione. Che poi questa ribellione l’abbia condotta a prendere parte all’eresia italiana del «Neorealismo» e ad approdare con il giovane Paolo Portoghesi e con Roberto Gabetti e Aimaro Isola al cosiddetto «Neoliberty» è solo una necessità della storia italiana. Una storia di provincia, nobile ma pur sempre provincia, che non è riuscita a trattenere l’architetto di formazione milanese (si era laureata nel ‘53 al Politecnico lombardo) ma con uno stile perfettamente internazionale che progetta opere diversissime per tipo e grandezza nei quattro angoli del mondo: dalla villa a Saint Tropez (1990) alla trasformazione in museo della dismessa Gare d’Orsay a Parigi (1980-86), dall’Istituto italiano di cultura a Tokyo al museo dell’Arte asiatica a San Francisco (1996-2003).

Il celebre slogan «dal cucchiaio alla città» calza a pennello alla personalità di Gae Aulenti protagonista del design industriale già nei primi anni Sessanta e artefice di importanti interventi urbanistici. Sul fronte degli oggetti, l’ironia avanguardista e la giocosità guidano la mano di Aulenti quando progetta la lampada Pipistrello (1965) e i mobili morbidi e tondi della serie Tennis (1971) e non ha paura di misurarsi con Duchamp montando quattro ruote di bicicletta sotto una lastra di cristallo per realizzare il tavolo Tour, nel ‘93, esagerata riedizione del tavolo con rotelle industriali concepito nel 1980 per Fontana Arte.

Sul fronte degli spazi urbani, il progetto per la nuova uscita degli Uffizi in piazza Castellani a Firenze e quello per la nuova piazza Cadorna a Milano dimostrano tutta la delicata, consapevole attenzione di Aulenti nel trattare la materia urbana, nell’intervenire a mettere ordine e ridare senso a parti della città storica. Tutte qualità che si possono ritrovare nel riqualificazione di piazza Mario Pagano, a Potenza, inaugurata solo due settimane fa: l’ultimo suo lavoro, portato a termine mentre si dava forma e sostanza al sogno di Vico del Gargano, con il progetto di «albergo diffuso» da realizzare nel centro storico attraverso il suo restauro: una delle più felici interpretazioni delle potenzialità del Parco del Gargano e del Piano regionale pugliese del paesaggio.

Ma a parte Vico, una serie di occasioni mancate ha segnato il rapporto di Gae Aulenti con la Puglia: la mancata trasformazione di una masseria settecentesca in centro turistico, in provincia di Taranto (a causa di insediamenti industriali), ma soprattutto i mancati musei baresi. Prima ci fu il progetto di un museo dell’arte contemporanea e del design a Villa Capriati, concepito nel 2001 insieme al museologo barese-milanese Saverio Monno; poi le chiesero un progetto di massima per il museo archeologico a Santa Scolastica. Consegnato, ma lasciato languire. Cambiano negli anni le amministrazioni della Provincia di Bari (commissionaria di entrambi i musei) ma non lo stile dei rapporti con Aulenti. La Provincia decide di bandire un concorso internazionale per Santa Scolastica. Gae Aulenti partecipa e il suo progetto (con l’archeologo barese Giulio Volpe) conquista il secondo posto. Il ministero dei Beni culturali boccia il primo arrivato e la Provincia potrebbe affidare l’incarico al gruppo di Aulenti, ma chiude la partita con un nulla di fatto. Una buona occasione sacrificata sul piano della insipida politica.

Solo in una circostanza – pur effimera – i baresi potranno vedere qualcosa che Gae Aulenti ha realizzato per la loro città: le scenografie per l’opera lirica “Lo stesso mare” realizzata l’anno scorso al Petruzzelli su libretto di Amos Oz, musiche di Fabio Vacchi e con la regia di Federico Tiezzi.

È una grande diga o il ponte di una nave o soltanto il ballatoio di un condominio affacciato su un mare gonfio di onde che si trasforma ora in deserto ora in giardino, secondo quella legge dell’incertezza e della metamorfosi del superamento che abbiamo riconosciuto nelle parole di Gae Aulenti richiamate all’inizio di questo racconto.

Per Gae Aulenti, quella scenografia al Petruzzelli non era certo la sua prima volta teatrale. Anzi, aveva iniziato a Prato negli anni Settanta, insieme a Luca Ronconi. Con lui aveva messo in scena Ibsen, Rossini, Berio e Stockhausen. «Il teatro mi ha aiutato molto per l’architettura, ma non so se è vero il contrario», ci disse una volta Aulenti che vedeva così nel teatro come nel museo una metafora concreta della città, quel mondo delle relazioni sociali e dell’impegno civile che era la misura del mestiere d’architetto, formato alla scuola di Ernesto Nathan Rogers. «Mi piace pensare – ci disse Aulenti – al museo come una cattedrale contemporanea, perché sono laica e quindi penso che quel che si racconta in un museo non è soltanto la memoria ma anche il modo in cui oggi si manipola la memoria».

di NICOLA SIGNORILE

da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 02|11|2012

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