PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 31_10_2012

Volkmarsdorf _ Leipzig

Vincoli in centro ostaggi di forze uguali e contrarie _ Lo scontro approda al Comune

Ha preso un brutta strada, il vincolo paesaggistico sui quartieri centrali. Oggi la commissione urbanistica del Comune sentirà l’assessore regionale Angela Barbanente e l’assessore comunale Elio Sannicandro sul procedimento di vincolo avviato lo scorso 3 luglio. E i componenti di quella commissione scopriranno un paio di verità che avrebbero pure potuto già conoscere se solo avessero letto le carte, prima di diramare inviti e convocazioni sull’onda delle «numerose sollecitazioni». E cioè: 1) il vincolo non è stato ancora applicato ma è stata  soltanto avviata la procedura; 2) la stessa procedura prevede l’attivazione di una «inchiesta pubblica», secondo i modi stabiliti dal Codice dei Beni culturali.

Una settimana fa, in questa stessa rubrica, avevamo manifestato il timore che l’«inchiesta pubblica» – strumento di governance al suo debutto, a queste latitudini – potesse risolversi nel nome nuovo applicato alla vecchia pratica che contrappone i (deboli) interessi pubblici ai (forti) interessi privati. Purtroppo già il linguaggio adoperato in commissione («al fine di evitare disagi alla comunità cittadina») ci indica che il timore era fondato.

E allora è il caso di sgomberare il campo da un equivoco che potrebbe alimentare il consueto duello Comune-Regione: la proposta del vincolo non è della Regione, ma della Direzione regionale per i Beni culturali e risale al 26 novembre 2010. L’ufficio regionale all’Assetto del territorio ha convocato allora la commissione prevista dal Codice dei Beni culturali e la prima riunione si è svolta il 21 giugno dell’anno scorso. Vi ha preso parte anche il Comune di Bari, che non solo  si è detto favorevole ma ha pure partecipato attivamente a modificare il testo  del decreto nelle cinque riunioni successive. Dunque è sbagliato parlare di un atto della Regione Puglia e sinceramente non si comprendono le titubanze postume del Comune di Bari.

Il rischio è che una buona, attesa iniziativa si trasformi in un boomerang. Spingono verso questo rischio forze uguali e contrarie. Da una parte i difetti del vincolo proposto, che abbiamo già indicato nella rubrica di mercoledì scorso e che in sintesi estrema consistono nella  puntigliosità delle prescrizioni tecniche e dei divieti irragionevoli. Dall’altra, c’è la resistenza degli imprenditori edili che sempre invocano regole certe ma, quando le hanno, poi le respingono gridando al pericolo di un blocco totale del settore.

Poiché secondo il vincolo il divieto di demolizione e ricostruzione riguarderebbe solo gli edifici realizzati prima del 1942 e non certo quelli successivi, gli imprenditori tradiscono così il loro vero, profondo pensiero: che l’attività edilizia sia solo quella del «nuovo» e del «più grande», non considerando affatto il settore del restauro che invece proprio dal vincolo riceverebbe un formidabile impulso.

Tuttavia sul restauro bisogna intendersi: ci pare che nella proposta di decreto i conservatori della Soprintendenza abbiano calcato la mano, spingendosi addirittura a considerare il falso ottocentesco come unica possibilità di ricostruire ciò che crolla (e da sé, beninteso, per disgrazia). Il restauro nella città, però, non è il restauro di un monumento: deve fare i conti con la fisiologica, insopprimibile fame di trasformazione che scorre nei vasi sanguigni e linfatici del corpo urbano. Per questo bisogna avere il coraggio di decidere ciò che è bene conservare  e cosa no, indipendentemente dal certificato di nascita. Il vincolo paesaggistico generalizzato forse non è lo strumento più idoneo per questo. Potrebbe essere utile per ingessare Bari vecchia spingendola ancor più verso un malinconico destino di «parco a tema» ad uso dei turisti, ma non certo per un quartiere popolare come il Libertà i cui «caratteri identitari» (per usare una categoria cara ai redattori del decreto di vincolo) forse sono ben altro che la riproduzione grossolana della trama «murattiana» nel suo disegno urbanistico.

E tuttavia una forma di controllo sulla trasformazione della città storica, consolidata bisogna trovarla, con o senza divieti. Nel resto d’Europa lo fanno con i vincoli. In Germania, per esempio, interi quartieri – anche popolari –  sono sotto la Denkmalschütz (tutela monumentale) imposta dal Comune e dal Land. E sono quelli più appetibili sul mercato immobiliare.

Forse è il caso di andare a vedere come fanno lassù.

NICOLA SIGNORILE

 

PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 03_10_2012

Kleingarten a Lipsia

Il professor Monti tra i tribunali e gli orti di città _ Nasce una legge risparmia-suolo

Al governo Monti non va proprio giù la cittadella della giustizia imposta a Bari dal Consiglio di Stato. Non bastasse il decreto sulla spending review che riduce di molto i metriquadri per dipendente negli uffici pubblici da costruire o da affittare, adesso arriva il disegno di legge per frenare il consumo di suolo agricolo in Italia.

È probabile che il professor Monti conosca la grande impresa Pizzarotti da Parma. E forse sa pure che lo Stato italiano è coinvolto in una procedura per infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza avviata dalla Commissione europea di Bruxelles proprio per la cittadella di Pizzarotti. Ma sicuramente né la prima né la seconda circostanza hanno animato le azioni del governo che solo oggettivamente vanno nel senso contrario alla variante predisposta dal commissario ad acta Albenzio con la quale si trasformerebbero in città 29 ettari di campagna, sulla via di Bitritto.

Il disegno di legge – presentato solo qualche giorno fa – afferma principi di cui, se non le toghe di palazzo Spada, certamente i funzionari della Regione Puglia potranno tener conto nell’esame della variante scritta dall’architetto romano Claudio Catucci. Il quale giustifica il cambio di destinazione urbanistica dei suoli col fatto che sono incolti e degradati e già attraversati da infrastrutture. L’articolo 1 del disegno di legge, invece, precisa che sono «terreni agricoli tutti quelli che negli strumenti urbanistici vigenti hanno destinazione agricola, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione per l’esercizio dell’attività agricola». L’articolo 2 poi, sembra scritto apposta per il caso Pizzarotti perché mira a «evitare che suoli agricoli, ancorché siti in
prossimità di zone già urbanizzate, siano sottratti all’attività agricola e utilizzati a scopo edificatorio».

La futura legge nasce dalla necessità che ha l’Italia di adeguarsi alle politiche europee di gestione del territorio, politiche che puntano al consumo zero di suolo. I dati statistici a supporto del Ddl fanno tremare i polsi. Dal 1971 ad oggi il Italia la Sau (superficie agricola utilizzata) è diminuita del 28%: sono scomparsi 5 milioni di ettari, pari a Lombardia, Liguria e Emilia Romagna messe insieme. La superficie cementificata è passata dal 2% degli anni ‘50 al 6,7% di media attuale. Ogni anno si consumano 500 Kmq di territorio senza pianificazione globale. L’Ispra calcola che nell’ultimo mezzo secolo sono stati ipermeabilizzati (cioè cementificati in maniera irreversibile) 1,5 milioni di ettari: quanto l’intera Calabria.

A Bari la situazione è ben peggiore che a livello nazionale: nell’ultimo quarantennio la città ha consumato mediamente ogni anno 159 ettari di suolo libero e nel decennio 1990-2000 (quello della peggiore crisi dell’edilizia, stando alle analisi degli imprenditori!) il consumo di campagna è quasi raddoppiato passando a 282 ettari l’anno. Nel 2000 il consumo di suolo è stato triplo rispetto al 1961, cioè l’anno-chiave del boom edilizio.

Il disegno di legge del governo Monti è intitolato Valorizzazione delle aree agricole e contenimento del consumo di suolo e prevede di stabilire a livello nazionale una quota massima, da declinare poi a livello regionale, di suolo disponibile. È un inseguimento affannoso ai virtuosi d’Europa, che hanno già fissato da tempo il traguardo del «consumo zero» di suolo. In particolare, il Ddl è ispirato al modello tedesco, in vigore già dal 1998. Uno tra i molteplici modelli di sviluppo urbano, richiamati anche in un documento approvato a Bruxelles lo scorso maggio: Guidelines on best practice to limit, mitigate or compensate soil sealing. Diversi esempi di buone pratiche contro la impermeabilizzazione del suolo, soprattutto nelle aree periurbane: il Groene Hart nella regione olandese di Randstad (Amsterdam, Rotterdam e l’Aja) così come i Programmes agro-urbain e i Project Agri-urbain in Francia e gli orti sociali diffusi in tutte le città tedesche, anche in aree centrali.

Le linee guida di Bruxelles sono l’episodio più recente di una strategia che ha le sue tappe fondamentali nella Carta di Lipsia sulla città europea sostenibile (2007) e poi nella Dichiarazione di Toledo del 2010. Il disegno di legge del governo fa riferimento a questa politica continentale. La variante urbanistica per la cittadella della giustizia, firmata dall’avvocato Albenzio e dall’architetto Catucci, no.

NICOLA SIGNORILE

Premio Apulia 2011 _ Presentazione e premiazione dei progetti vincitori

Il progetto vincitore della sezione committenza privata (Casa Petrini-Villani a Polignano, progetto di Antonella Mari)

Domani, Martedì 18 agosto2012,  si terrà la giornata di presentazione e premiazione dei progetti vincitori della prima edizione del Premio Apulia per le opere di architettura e urbanistica.

La giornata di premiazione avrà luogo a partire dalle ore 9.30  presso l’ex Palazzo delle Poste (P.zza Cesare  Battisti, Bari) e vedrà la partecipazione del Presidente della regione Puglia On. Nichi Vendola e dell’assessore regionale all’Assetto del Territorio Angela Barbanente.

L’assessore Angela Barbanente introdurrà e coordinerà la giornata. Il Premio, istituito dalla legge regionale 14/2008, è annuale e si articola in due sezioni riservate rispettivamente a giovani progettisti under 40 e alla commitenza privata.
L’iniziativa sarà occasione per tracciare un profilo dell’architettura contemporanea in Puglia grazie agli interventi di profondi conoscitori dell’architettura e dell’urbanistica pugliesi e di progettisti che ad essa hanno significativamente contribuito. La sessione del pomeriggio darà anche conto degli strumenti legislativi che la Regione Puglia e il Ministero dei Beni Culturali hanno messo in campo per perseguire la qualità in architettura e ospiterà un forum sulle sfide che i giovani progettisti pugliesi sono chiamati ad affrontare. I progetti premiati sono stati raccolti nel volume ” Premio Apulia 2011 / 11 progetti di architettura realizzati in Puglia” (a cura di Michele Cera, progetto grafico di Ivan Abbattista, edito da Libria), che sarà presentato nel corso dell’evento.

PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 20_06_2012

Casa Petrini-Villani a Polignano

Il mistero moderno della casa con la doppia pelle _ A Polignano l’opera di Antonella Mari

 
I vicini si rodono dalla curiosità. Com’è all’interno quella casa? Come ci vivono, lì? Che starà cucinando la signora? La casa Petrini-Villani è un piccolo mistero, a Polignano. Senza balconi, con le finestre schermate da una grande parete traforata di legno e ferro, non consente sguardi indiscreti.
 
Chi ha vissuto in una casa di campagna, si trasferisce in città inseguito da un sottile disagio: ha bisogno di sottrarsi alla invadenza del vicinato. Difendere la propria privacy, si dice con una espressione che la butta subito sul contenzioso legale ignorando invece la contraddizione che segna l’abitare urbano, teso tra la necessità della relazione sociale permanente e la definizione di una autonomia individuale. È questo, dopo tutto, che fa grande e insostituibile la città.
 
La casa progettata da Antonella Mari (con Matteo Lorusso, Wanessa Bruno e Antonio Lonuzzo) ai margini del quartiere ottocentesco della cittadina sulla costa rispecchia pienamente questa contraddizione vitale. E così  risponde alle esigenze dei proprietari della casa unifamiliare che si son visti assegnare per questa loro nuova casa il Premio Apulia 2012 istituito con la legge regionale n. 14 e destinato appunto alla committenza delle opere di architettura contemporanea.
 
C’è stato un dialogo intenso tra i padroni di casa e i loro architetti che sono riusciti a tradurre in un linguaggio formale assai controllato la domanda di spazi domestici, ma anche a convincere i propri clienti ad accettare scelte coraggiose, fuori dal comune. Come la  scala vetrata che, al centro dell’edificio, è anche un pozzo di luce. Convinti tutti, tranne il cane che mostra ancora un certa insofferenza per queste scelte di leggerezza e trasparenza così poco… tettoniche.
 
Il fabbricato è il risultato della ristrutturazione e sopraelevazione di un edificio compreso fra altre costruzioni, in un isolato. Dagli originari 4 metri e mezzo di altezza, l’edificio è cresciuto fino 7 metri (nella parte arretrata rispetto al fronte stradale) ma la differenza tra la preesistenza e il nuovo è fortemente segnata: su un basamento murario intonacato, il prospetto si completa con una doppia facciata: il sistema (già accennato) di pannelli di acciaio e di piastrelle di legno scuro che scherma e protegge le ampie vetrature più interne.
 
Il traforo della nuova parete  priva di aggetti  cita analoghe soluzioni adottate da Herzog e De Meuron al Museo del Flamenco a Jerez de la Frontera, ma soprattutto nella sopraelevazione del Caixa Forum di Madrid. Non si può ridurre – tuttavia  – al puro gesto estetico la scelta operata sulla doppia facciata della casa Petrini-Villani che risponde, oltre che alla domanda di riservatezza, anche e con efficienza alla necessità del controllo climatico ed energetico dell’edificio che trova sulla via Fattoi il suo unico affaccio.
 
La composita facciata risolve il problema – che è un problema cruciale – dell’inserimento della nuova architettura in un tessuto urbano consolidato e in particolare nella città storica: al volume opaco del piano terra, intonacato, è affidato il compito di dialogare con l’intorno e di assicurare continuità visiva all’isolato; allo schermo di ferro e legno – tessuto in una alternanza casuale di pieni e di vuoti – è affidato l’incarico di affermare l’autonomia dell’espressione formale della architettura nuova che si oppone alle lusinghe del mimetismo e ai rischi del pittoresco  mentre afferma  la piena cittadinanza della contemporaneità.
 
Da questo punto di vista, l’opera di Antonella Mari  – in coerenza con le altre opere segnalate dalla giuria del Premio Apulia nella medesima sezione riservata alla committenza (e in particolare al barese palazzo Picos  01 di Lorenzo Netti, alla leccese case a ballatoio di Alfredo Foresta  e al condominio realizzato da Stefano Serpenti a Casamassima) – dimostra l’affermarsi in questa edizione del Premio Apulia di una linea assai emancipata rispetto alla modesta lettura che della scena pugliese aveva tracciato Franco Purini nel suo saggio laterziano La misura italiana dell’architettura.

                                                                                                                                                                                                                                                                                             NICOLA SIGNORILE

Bari futura. Dialoghi sull’urbanistica e l’architettura della città in trasformazione.

Locandina dell’evento

Martedì 19 giugno 2012, dalle ore 16.00, presso la Sala Conferenze del Politecnico di Bari, prosegue con un incontro pubblico il ciclo di dialoghi sull’urbanistica e sull’architettura della città promosso dall’Assessorato all’Urbanistica del Comune di Bari, di concerto con il Politecnico di Bari.

In concomitanza con la pubblicazione del Concorso internazionale di idee “Baricentrale” (www.baricentrale.net) che invita i progettisti italiani ed europei a immaginare una grande trasformazione delle aree centrali del capoluogo, amministratori, studiosi ed esperti discuteranno con la cittadinanza le opportunità e le prospettive aperte dalla trasformazione urbana di un intervento che si estende complessivamente per circa 78 ettari su una lunghezza di oltre 3 km.