Quartiere Ipocrisia dove la storia la fa lo smemorato _ Gli edili e il riuso urbano
La rigenerazione urbana non è un’opzione. È un obbligo. Una prospettiva senza alternative di cui sono finalmente convinti anche gli imprenditori edili. O almeno la parte più colta e avanzata di loro. La settimana scorsa si è tenuto a Bari un convegno nazionale promosso dall’Ance (l’associazione degli edili) e dalla Scuola di Ingegneria e Architettura. Il tema era, appunto: la rigenerazione urbana nel mezzogiorno d’Italia, con casi di studio come quello di Taranto (Rione Tamburi e città vecchia) e quello di Napoli (i quartieri orientali) e, a confronto lontano, Toronto e Milano. continua a leggere
A Libertà, Murat e Madonnella ruspe al guinzaglio _ Centinaia di edifici “non sostituibili”
Sono centinaia gli edifici che non si possono più buttar giù, nel centro di Bari. Il Comune ha finalmente completato la ricognizione, identificazione e schedatura di ciò che bisogna ad ogni costo salvare dalla furia demolitrice che ogni città teme ma di cui al tempo stesso non può fare a meno.
Schizzo di Ottavio Di Blasi per la nuova Punta Perotti (2009)
Punta Perotti: Il bello, il brutto e il cattivo
Ricostruiranno i palazzi di Punta Perotti? Com’erano e dov’erano? La domanda si rinnova ad ogni notizia che riguardi la biblica faccenda. Anche ora che i giudici di Strasburgo hanno fissato il prezzo del risarcimento ai proprietari per l’ingiusta confisca dei suoli. In realtà dal punto di vista giudiziario – se non il prezzo – ben poco è cambiato rispetto al 2009, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò la Repubblica italiana. Allo stesso modo, la possibilità di rialzare gli edifici resta severamente condizionata, perché le ragioni che condussero alla demolizione restano tutte in piedi e infatti i giudici europei hanno cassato la confisca dei suoli, non l’abbattimento dei palazzi.
Semmai, nel tempo che è trascorso qualche fatto nuovo ha reso ancora più improbabile la rinascita di Punta Perotti in quelle medesime forme e dimensioni, sicché il gigantesco indice di fabbricabilità di 5 metri cubi per ogni metro quadrato di suolo è di fatto irrealizzabile. Principale ostacolo è l’adeguamento del Piano regolatore al piano del paesaggio, il Putt/p (delibera di consiglio comunale n. 56 del 9 luglio 2010), che è un atto vincolante perché il Prg è legge. Poi c’è il documento programmatico per la Rigenerazione urbana (del maggio 2011) che non è prescrittivo, ma offre opportunità per trasformare ampie zone della città con procedure speciali con l’ applicazione alla legge regionale 21/2008.
Questi due fatti condannano il progetto Punta Perotti 2 dell’architetto milanese Ottavio Di Blasi – che pubblicammo su queste pagine il 28 ottobre 2010, – all’archivio dei desideri. Quell’archivio pieno zeppo di idee buone e cattive che accompagna da sempre utopie e incubi dell’architettura e che già nel 1925 aveva spinto lo scrittore tedesco Joseph Ponten a pubblicare un libro dal titolo suggestivo: “L’architettura che non è stata realizzata”. Doveva arrivare, in anni recenti, Rafael Moneo a ricordarci che architettura è solo quella che si costruisce e che riesce ad emanciparsi dal foglio di carta.
Come riferimmo, Ottavio Di Blasi era già consapevole, due anni fa, della necessità di rivedere dalle fondamenta l’idea progettuale che i Matarrese gli avevano commissionato nel 2005, aggiornato nel 2009, e di cui in questi giorni sono state improvvidamente riesumate le prospettive realizzate al computer. La soluzione alla quale si è messo quindi a lavorare Di Blasi in questa ultima fase si racchiude in questa formula: «Il minimo di volumi ad uso privato ed il massimo di contaminazione con le funzioni pubbliche». Ma almeno uno dei due perni su cui incernierava la sua idea potrebbe venir meno: l’acquario, infatti, è già previsto nel piano riqualificazione di San Girolamo e dunque resta solo la nuova sede della pinacoteca provinciale Giaquinto.
Il ragionamento di Di Blasi comunque ha il pregio di tirarci fuori dall’angustia dei calcoli delle volumetrie immaginando nuovi equilibri di uno spazio pubblico «ibrido». Tuttavia la sua strategia necessita di un ampliamento dell’area di progetto e forse anche di nuove forme di pianificazione. Il ricorso ad un piano di rigenerazione urbana – secondo la legge regionale 21 – sembra una strada obbligata ma non può essere il Comune a intrapenderla: spetta al privato
farsi avanti. Così come è stato fatto dai proprietari dei suoli di Torre Carnosa, che hanno avanzato di recente due proposte di Priu alla Ripartizione urbanistica: una basata sul progetto di Gianluigi Sylos Labini e Smn, l’altra su disegno dell’architetto milanese Paolo Caputo (ne abbiamo riferito in questa rubrica, rispettivamente l’8 e il 22 febbraio scorsi).
Ma la novità che coinvolge anche Punta Perotti in uno sguardo progettuale più ampio perché si allunga fino a San Giorgio, è rappresentata dall’invito che il Cerset ha rivolto allo studio MBM di Barcellona, guidato dall’architetto Oriol Bohigas. I catalani – dopo un sopralluogo a Bari, avvenuto lo scorso ottobre – hanno risposto al presidente del Cerset, Lorenzo De Santis (socio tra gli altri dei Matarrese nella maxi-lottizzazione del Tondo di Carbonara, appena approvato dal Comune) con un programma di lavoro in tre tappe. Primo, realizzare un masterplan coinvolgendo il Politecnico (proprietario di aree confinanti con Punta Perotti, a monte della ferrovia); secondo, bandire un concorso riservato a giovani architetti; terzo, aprire un workshop di progettazione urbana.