Lo sapevamo da sempre ma la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6656 del 21 dicembre 2012, lo aveva messo nero su bianco: non esistono diritti edificatori di suoli non ancora edificati.
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Come si evitano i 1000 Mose d’Italia
È spesso un avvenimento minore/marginale nel grande libro della Storia dell’Architettura a fornire l’occasione per considerazioni di carattere generale.
Parliamo del possibile avvio di un cantiere per la pedonalizzazione di due strade nella città di Martina Franca.
Lettera aperta al Ministro Dario Franceschini

Egr. Signor Ministro,
L’approvazione dell’emendamento al “Decreto Semplificazioni” che sottrae gli stadi storici italiani alla protezione garantita finora dalle Soprintendenze competenti è una ferita gravissima all’obbligo costituzionale della tutela del patrimonio storico e artistico della nazione, ed è la premessa per ulteriori e più gravi vandalismi.
Si è inteso consegnare un patrimonio di grande rilevanza storica ed estetica ad interessi nemmeno calcistici in senso stretto, ma speculativi e commerciali. Questi possono trovare altrove una legittima attuazione, in accordo con le previsioni di sviluppo delle nostre città, ma non a discapito dell’identità architettonica nazionale.
Si tratta non solo del celebre stadio comunale di Firenze, che è una sorta di bandiera dell’architettura italiana del Novecento e punto di incontro di sperimentazioni costruttive e tipologiche, ma di tutta una produzione che ha visto il nostro paese all’avanguardia, prima e dopo la Seconda guerra mondiale. Rischiano ora la cancellazione dei loro valori storici ed estetici anche gli impianti messi a punto negli anni Cinquanta-Sessanta, che hanno diffuso un impiego innovativo e creativo del cemento armato in tutta la nazione. Viene colpito in sostanza il nucleo della cultura architettonica del Novecento, con possibili estensioni ad altre tipologie di edifici per lo sport o destinati a funzioni produttive: edifici che il nostro paese, di concerto con la cultura europea, sta difendendo e restituendo ad una fruizione controllata e consapevole.
Un simile emendamento ha suscitato, lo sappiamo, l’opposizione di gran parte dei docenti e degli specialisti coinvolti negli organi del MiBACT perché fa retrocedere la cultura italiana della tutela a esempio negativo per l’Europa e per il mondo intero. Già il mondo universitario e le nostre comunità scientifiche di riferimento – storici dell’arte, architetti, urbanisti, restauratori – stanno diffondendo appelli contro l’emendamento.
Questa pessima legge è in grado di aprire una breccia insanabile nel già traballante edificio della tutela, tanto più pericolante quando si parla di architettura contemporanea.
Esprimiamo quindi il nostro deciso dissenso nei confronti del provvedimento come è stato approvato, e Le chiediamo con forza di fare tutto ciò che è in suo potere per limitarne i danni e soprattutto per portarlo, alla prima occasione, davanti alla Corte Costituzionale: certi che la palese incostituzionalità di questa distruttiva leggina estiva non scamperà al vaglio del giudice delle leggi.
Certi di una cortese risposta, la salutiamo con viva cordialità
Prof. ssa Daniela Esposito
Presidente del Comitato tecnico-scientifico per il Paesaggio presso il MiBACT
Prof. Tomaso Montanari
Presidente del Comitato tecnico-scientifico per le Belle Arti presso il MiBACT
Prof. Claudio Varagnoli
Presidente del Comitato tecnico-scientifico per l’Arte e l’Architettura contemporanee presso il MiBACT
Come prima, peggio di prima

La pandemia, tra gli innumerevoli risvolti negativi, ha avuto almeno il merito di riaccendere il dibattito intorno ai temi della città e dell’abitare.
continua a leggereRisposta a “A che serve Cesare Brandi?”

Ha avuto una eco nazionale l’ultimo articolo pubblicato su questo blog dal titolo emblematico, tanto quanto allarmante, A che serve Cesare Brandi?. Un articolo che ha avuto il merito, se non altro, di rianimare il confronto dialettico sui temi delle trasformazioni urbane, la cui importanza e le cui ripercussioni in termini di vivibilità, salubrità, economia, sicurezza e sostenibilità vengono spesso ignorate da una classe politica ed imprenditoriale troppo concentrata a difendere interessi particolari o incapace di una visione consapevole.
Riceviamo e prontamente ripubblichiamo la lettera giunta in redazione a firma del prof. Oronzo Brunetti, professore associato di Storia dell’Architettura presso il Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma, studioso qualificato e autore del volume “Martina Franca nel Settecento. Strutture architettoniche e immagine urbana” (2012).