
Pedali perduti sul ponte delle delusioni _ Bari-Dresda, trionfo dell’auto
È tutta colpa di Renzi! Se non avesse voluto inaugurarlo in quella piovosa mattina di settembre, oggi il ponte dell’Adriatico (ma per tutti è: il ponte del Cimitero) sarebbe completo di pista ciclabile e pedonale. La fretta non è buona consigliera, si sa, e d’altra parte quella parata tricolore di cinquecento che movimentò la scenografia del premier poteva essere interpretata come una premonizione dell’esclusivo destino automobilistico del ponte.
L’assessore ai Lavori pubblici Giuseppe Galasso, alla vigilia della inaugurazione volle rassicurare i ciclisti urbani: «Il ponte dell’asse nord sud – disse – sarà il primo scavalco ferroviario della città di Bari dotato di piste ciclabili, promiscue e monodirezionali, separate per ciascun senso di marcia. Questo significa che sulla pista sarà consentito il transito sia di ciclisti sia di pedoni al lato delle corsie, negli spazi compresi tra le barriere fonoassorbenti rosse e i guard rail». Ma ormai incombeva la cerimonia e ciclisti e pedoni avrebbero dovuto aspettare: «I lavori relativi al percorso ciclabile – spiegò Galasso in una nota ufficiale – non sono ancora ultimati e si protrarranno per alcune settimane indipendentemente dall’apertura al traffico veicolare della carreggiata stradale».
Passano le settimane e i mesi, altri lavori (svincoli e rotatorie) lasciati indietro per la pompa magna, sono realizzati ma non i percorsi ciclopedonali. Il 23 dicembre, Galasso spiegava al cronista della Gazzetta che in effetti più che di lavori si trattava di carte: le piste ciclabili sarebbero state aperte al traffico in primavera e i ritardi erano addebitabili ai test e alle certificazioni da effettuare sulle barriere di protezione. Ora la primavera è alle porte: a che punto siamo? Più o meno dove ci eravamo lasciati. «Fra due o tre settimane – rivela Galasso – affideremo l’incarico al professor Pietro Monaco. Si tratta di calcoli complessi. Dopo un mese dovremmo avere il suo progetto e quindi bandire la gara per realizzare le protezioni sul retro dei guard rail, che erano già stati certificati». I tempi? Galasso non vorrebbe impegnarsi con il calendario, ma ipotizza l’estate.
Resta in ogni caso il sospetto che nel progetto dell’«avveniristico» ponte l’accessibilità e la sicurezza per pedoni e ciclisti sia stata presa sottogamba, considerando non solo i crash-test e le omologazioni a posteriori ma anche la difficoltà dei punti di ingresso e di uscita, che costringeranno le dueruote a stop improvvisi, a curve strette, a salite e discese dai marciapiedi. «Nel progetto iniziale la pista ciclabile non era nemmeno contemplata», conferma Galasso contraddicendo la relazione (di Decaro) alla delibera con la quale nel 2008 si approvava il progetto preliminare.
Delle vicissitudini del progetto, dal concorso internazionale alla realizzazione, ci siamo già occupati in questa rubrica (il 17 agosto scorso), con rammarico per il tradimento dell’idea iniziale e vittoriosa dello studio madrileno di Carlos Fernandez Casado, profondamente trasformata dai tecnici della Net Engineering e dalle successive varianti, fino a sostituire il pilone di cemento armato con uno d’acciaio. Ormai sappiamo che a Bari l’architettura non merita dignità. Per quanto, non è affatto detto che l’architettura, nei ponti strallati, sia sempre una garanzia per i ciclisti. Basti guardare quel che è successo a Dresda con il nuovo ponte sull’Elba che collega Niederwartha con Meissen, la città delle porcellane. Un ponte c’era già, ferroviario e ciclopedonale, ricostruzione alla fine degli anni Settanta del ponte ottocentesco fatto saltare in aria dalle Ss e dalla Wehrmacht nel tentativo di fermare l’avanzata dell’Armata Rossa mentre la Germania nazista capitolava. Il nuovo ponte affianca il vecchio.
È un ponte strallato asimmetrico (come quello barese) con pilone in cemento armato a ipsilon rovesciata (come quello progettato dagli spagnoli per Bari). Il pilone supera i 77 metri (solo qualche centimetro in meno del barese) e lo strallo è costituito da 36 singoli cavi, disposti a coppie. La costruzione è iniziata nel 2006 e, fra un’alluvione e l’altra, è terminata nel 2011. Alla vigilia della sua apertura, pedoni e ciclisti l’attraversarono gioiosi (si può vedere qui) ma quale fu la delusione alla scoperta che il ponte, costato 40 milioni di euro, era destinato solo al traffico automobilistico. «Il ponte è il simbolo della politica dei trasporti retrograda del ministro liberale Sven Morok». Con queste parole il deputato Stephan Kühn e Margit Haase, portavoce dei Verdi al municipio di Dresda, hanno dato voce alle proteste ai cittadini e alle rivendicazioni dei ciclisti e dei pedoni. A Bari invece sembra che non ci siano né gli uni né gli altri.
di NICOLA SIGNORILE
(pubblicato oggi su “La Gazzetta del Mezzogiorno”)
Difficile commentare, trovando le parole adeguate per esprimere uno sconforto che diventa via via sempre più profondo, soprattutto se si pensa ai video trionfalistici postati continuamente su Fb! Siamo o non siamo ancora all’era dei selfie?… Il fatto è che a Bari la rassegnazione regna sovrana, a parte i cosiddetti “leoni da tastiera”.
Ma continuiamo a non girare la testa dall’altra parte, grazie anche a questi tuoi articoli, di cui ti ringrazio!
MCristina Rinaldi
ARCA Centro di Iniziativa democratica