
Che lingua parla la periferia dentro la città _ S. Marcello, via senza clamore
Con poco clamore è stato avviato il primo cantiere del programma integrato di San Marcello. Senza le pubbliche fanfare che accompagnano progetti e intenzioni di rifacimento dei lungomari. Eppure, questo è un momento a suo modo storico perché il cantiere in via Colaianni segna la conclusione di una travagliata gestazione durata quasi 10 anni, mentre il Pirp gemello, quello di Japigia, sta per essere ultimato. Oggi possiamo dire che non era affatto scontato che il programma di San Marcello staccasse le ali da terra, per la complessità dell’operazione, che si era ancor più ingarbugliata a causa della crisi della parte privata, risolta con l’ingresso nel consorzio di imprese di altre ditte, tra cui la Debar, già impegnata a Japigia. Bisogna dare atto alla amministrazione comunale di aver assecondato e favorito la ricerca di un nuovo equilibrio tra le energie imprenditoriali e al tempo stesso di aver saputo difendere l’interesse pubblico, anche a fronte di un mutato scenario economico e di una nuova condizione del mercato immobiliare che hanno oggettivamente ridimensionato i margini dell’interesse privato.
Con la nuova compagine imprenditoriale che ha sostituito la sola ditta Mazzitelli, iniziale vincitrice della selezione, si è formata anche una nuova squadra di architetti e ingegneri, con l’intervento di Gian Luigi Sylos Labini (SMN) e Lorenzo Netti (già progettisti della proposta dell’imprenditore Vito Vitti, ritiratosi dall’operazione al momento della formazione del consorzio) insieme a Paolo Maffiola, Elio Santamato, Michelangelo Belviso, Enrico Mola e Daniela Sallustro. Il progetto definitivo è sostanzialmente differente da quello iniziale, anche per effetto della partecipazione dei cittadini, coinvolti da subito e attivamente nel programma. Spetta a loro, ai residenti, il merito di aver ribaltato la logica della demolizione e sostituzione edilizia, costringendo imprese, Comune e progettisti a fare i conti con il bisogno di mantenere il legame della gente con il proprio vissuto: tradotto in concreto, questo significa avere deciso per il risanamento delle case popolari, con l’effetto di mantenere una centralità anche spaziale del patrimonio pubblico.
L’apertura del primo cantiere segna dunque l’avvio del primo, concreto programma di rigenerazione urbana a Bari: un programma basato sui criteri del risparmio di suolo, della densificazione, del costruire nel costruito (diciamo con la felice definizione di Rafael Moneo). Il cantiere dimostra che si può fare. Che la crisi dell’edilizia e il fabbisogno abitativo non possono essere più un alibi per divorare la campagna. Che si può fare anche nella città consolidata, perché San Marcello è una periferia interna, un quartiere che ha tutte le caratteristiche della marginalità delle periferie, pur non essendo ai margini della città.
Questa natura ibrida di San Marcello, è un ulteriore motivo di legittimazione delle scelte di composizione architettonica che sono state fatte nelle ultime fasi della progettazione. Si riconosce facilmente nelle tavole di progetto l’impronta di Lorenzo Netti, che applica anche qui gli stilemi definiti nell’idea di Moderno Murattiano, cioè una continuità con le ricerche espressive più mature e consapevoli condotte soprattutto negli anni Sessanta e Settanta a Bari. Una pratica di costruzione civile che ha saputo resistere con la qualità alla barbarie della demolizione del centro storico per una sua obesa ricostruzione.
Nei progetti per San Marcello, l’idea unitaria che innerva la composizione della facciate (che è sempre la parte pubblica dell’architettura, indipendentemente dalla proprietà dell’edificio) permette di abbandonare l’antica abitudine delle differenze tipologiche e delle relazioni funzionali. La griglia di moduli verticali, scanditi da pilastri e paraste disposti con ritmo irregolare, è la stessa lingua che parlano sia i nuovi alloggi popolari, sia i palazzi residenziali privati (come quello che sorgerà dal cantiere appena avviato) sia l’edificio pubblico destinato agli uffici del Secondo Municipio e ai servizi di quartiere, annesso ad un secondo edificio residenziale privato. E questo – che sorgerà tra via Fanelli, via Omodeo e via Fortunato – è nei piani del Pirp la seconda tappa di un itinerario che si concluderà con il recupero di Villa Giustiniani, finalmente acquisita al patrimonio pubblico.
di NICOLA SIGNORILE
(pubblicato oggi su “La Gazzetta del Mezzogiorno”)