PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 28_10_2015

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palazzo Andidero | foto di Linda Signorile

Segnali per i turisti a Bari vecchia: tutto dà di antico _ Una gara per “sponsor tecnici”  

Bari vecchia, ultimo atto. Ora ci provano con la segnaletica turistica e quella che a prima vista sembra una lodevole iniziativa, sotto sotto nasconde la sua vera mira: portare a compimento la «gentrification» del centro storico, iniziata tanti anni fa con il piano Urban. Noi non faremo  la figuraccia di Elisabetta Canalis al cospetto di Roberto De Niro al festival di Sanremo del 2011 e perciò che cosa sia la «gentrification» ce lo facciamo spiegare in due parole da Sharon Zukin, sociologa urbana newyorkese: «Si tratta di una violenta rivoluzione supportata, e talvolta persino condotta, dallo Stato che allontana le  persone dalle proprie case, obbliga i commercianti a  chiudere i propri negozi e “ripulisce” il centro a favore di marchi culturali, globali ed egemonici».

La metamorfosi di Bari vecchia da città popolare a concentrato di pub e pizzerie e prossimamente a  emporio di «eccellenze» per i croceristi è lenta, ma sembra irresistibile. L’ultimo episodio della storia è questo: domani alle 13 scadono i termini del bando comunale per la «ricerca di sponsor tecnici per la realizzazione e il posizionamento di segnaletica turistica descrittiva dei principali beni culturali della città di Bari e la realizzazione di un’interfaccia web dedicata». Si tratta di cartelli da impiantare davanti a chiese, palazzi e monumenti per fornire il passante di qualche succinta notizia (in italiano e in inglese) sul bene culturale e rinviare i curiosi ad altre informazioni sul web, tramite un QR Code per smartphone. Quelli più pigri (oppure meno smart) non si perderanno comunque lo spot dello sponsor che campeggerà sulla segnaletica stradale.

Le curiosità che suscita questa iniziativa sono tante. Perché, per esempio, le paline saranno alte un metro e mezzo? Troppo per un bambino, ma forse fra i crocieristi scarseggiano i piccoli. Perché tra le cinque lingue in cui verranno somministrate le notizie sul web non c’è l’arabo e nemmeno il tedesco?  Sempre a causa del profilo-crocierista? O ci sono inconfessabili motivi per tenere all’oscuro dei segreti del romanico pugliese i profughi siriani e i migranti marocchini? Ma soprattutto: chi e con quale criterio ha scelto i «principali beni culturali della città» da sottoporre alla riffa fra gli sponsor? Abbiamo provato a metterci nei loro panni, solo per un po’. Lo «sponsor tecnico» potrà offrire il proprio marchio ad almeno dieci «beni» scelti da un elenco di 144 «luoghi di interesse», che però –  sorpresa! – sono tutti a Bari vecchia. E il resto della città? Fra i luoghi (non necessariamente architetture) ci sono anche tre antiche osterie e un altrettanto antico negozio di dolciumi. Dunque il criterio è il passato che esclude la modernità? E che ci fanno allora nell’elenco le scuole Corridoni e Diomede Fresa progettate entrambe da Pietro Favia, la prima nel 1933 e la seconda nel ’36? Forse sono ammesse le architetture del ventennio fascista ma in questo caso non si giustifica l’assenza della Casa del Portuale, che peraltro è sempre opera di Favia.

Nasce il sospetto, a questo punto,  che l’anonimo compilatore dell’elenco sia stato ingannato dalla pietra bugnata e abbia preso per «antichi» due edifici moderni. Sospetto rafforzato dalla scoperta che l’unico esemplare dell’architettura del secondo Novecento a Bari vecchia pare sia la Sala Murat, progettata da Carlo Ferrari, Arturo Cucciolla e Roberto Telesforo, e realizzata nel 2000, lì dove un tempo c’era il mercato delle carni. Un omaggio al «Secolo breve» o l’hanno scambiato per un pezzo dell’Ottocento? E se Novecento dev’essere, perché non segnalare ai turisti il palazzo Andidero sulla Muraglia? Guarda alle volte il caso: Palazzo Andidero, costruito nel 1978, è l’unico edificio di Bari vecchia selezionato da Raffaele Piccolomini e Giuseppe Romagno per la loro tesi in Disegno industriale, quest’anno. Il tema? «Moderno Murattiano. Progettazione del sistema di identità e di orientamento per la fruizione del museo diffuso del quartiere Murat di Bari».  Marchio, lettering, insegne, mappe, applicazioni per smartphone e sito web. C’è tutto:  a gara conclusa, l’assessore alla cultura Silvio Maselli gli dia un’occhiata e ripensi a quando – erano gli anni Sessanta – ai turisti di passaggio per Bari i tour operator mostravano i palazzi di vetro e alluminio di Chiaia e Napolitano, prima di condurli a San Nicola.

di NICOLA SIGNORILE

(pubblicato mercoledì 28|10|2015 su “La Gazzetta del Mezzogiorno”)

 

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