PIAZZA GRANDE di Nicola Signorile | 01_07_2015

Il cantiere della sede del genio civile

La soprintendenza sotto inchiesta? Un bene e un male _ Il Castello e il Genio civile.


Non è una bella notizia che la Soprintendenza ai beni architettonici e del paesaggio di Bari sia sotto inchiesta. Ma, al tempo stesso, è una notizia confortante. Cerchiamo di spiegare quel che appare un paradosso. La notizia, pubblicata ieri dalla «Gazzetta», è che il giudice per le indagini preliminari ha concesso alla Procura una proroga delle indagini sull’ipotesi – al momento – di concorso in abuso di ufficio. Indagati – si apprende dal provvedimento del giudice – sono tre architetti: l’ex direttore regionale per la Puglia dei Beni culturali, Ruggero Martines, l’ex soprintendente Nunzio Tomaiuoli e la funzionaria Emilia Pellegrino.

Il caso in cui sono coinvolti i tre architetti è quello ben noto del cantiere per la costruzione della nuova sede del Genio civile al lungomare, di fronte all’area di Santa Chiara e al Castello Normanno Svevo. Ed è proprio il vincolo che istituisce sin dal 1930 un’area di rispetto a protezione del monumento medievale il motivo dell’indagine della magistratura, sollecitata da un esposto presentato dall’avvocato Luigi Paccione per le associazioni ambientaliste e di quartiere che si oppongono alla indigesta costruzione che «opprime» il castello e ostacola la realizzazione di un ampio parco che darebbe al maniero finalmente  un nuovo ruolo. Dov’è il problema? È presto detto: il via libera al cantiere è scattato quando i tecnici della Soprintendenza ai Beni architettonici hanno dati il loro benestare ignorando o dimenticando e comunque negando l’esistenza di quel vetusto regio decreto  di vincolo.

Spetta ora alla magistratura stabilire se quella mancanza sia un reato. E per  questo il sostituto procuratore Baldo Pisani avrebbe già acquisito la relazione di un perito, da approfondire ulteriormente, ed avrebbe l’intenzione di  rivolgere qualche domanda ad alcune persone informate sui fatti. Ecco il motivo della proroga.

Dicevamo che questa non è una bella notizia, almeno per due motivi. Primo, perché inasprisce i rapporti tra istituzioni (il Comune e l’amministrazione dei Beni culturali) che dovrebbero invece collaborare lealmente e sostenersi a vicenda. Secondo, perché getta un’ombra su una istituzione – la soprintendenza – alla quale  sempre guardano con fiducia e speranza tutti coloro che hanno a cuore la tutela dell’architettura e del paesaggio. Essi la considerano – forse ingenuamente – il baluardo più tenace dentro un sistema istituzionale che nel corso degli anni ha visto sempre più indebolito il valore dei «beni comuni» e il peso dell’interesse pubblico di fronte agli assalti della privatizzazione e della speculazione. Non a caso le soprintendenze sono sempre più indebolite nel personale e nelle risorse finanziarie, fino ai progetti di soppressione. Che tradimento sarebbe allora la scoperta che gli architetti pubblici sono venuti meno al loro compito, consentendo nei fatti un non meno paradossale «abusivismo di Stato». Restaurare – al di là dell’inchiesta giudiziaria – la fiducia incrinata è il compito urgente che attende il nuovo soprintendente di Bari, l’architetto Carlo Birrozzi, che arriva negli uffici del Castello svevo portandosi dietro le proprie esperienze nel restauro dell’architettura antica (a Milano, a Pisa, a Pechino) così come nella promozione dell’architettura contemporanea (al ministero, nel dipartimento Darc).

Ma non basta confidare nelle virtù dei funzionari migliori. Anzi, essi vanno difesi dalla solitudine dell’ufficio in cui potrebbero sempre precipitare, oppure dalla deriva di una potenza della burocrazia. Nella prefazione al recente volume di Paolo Berdini «Le città fallite» (Donzelli ed.) scrive il costituzionalista Paolo Maddalena: «La speranza si fonda sull’azione delle associazioni e dei comitati, che di fronte allo spreco del nostro territorio devono agire e unirsi in una lotta senza quartiere, da svolgere sul piano della legalità costituzionale e, specificamente, sotto l’egida di quella che è stata denominata “l’etica costituzionale”, e cioè i principi di libertà, eguaglianza e solidarietà».

Ecco, dicevamo che la notizia dell’inchiesta della magistratura è anche confortante. Perché premia il coraggio, la perseveranza e anche la competenza delle tante persone riunite nelle numerose associazioni che danno vita al Comitato del Parco del Castello e che attendono ora la sentenza dei giudici del Tar sul loro ricorso contro il cantiere del Genio civile che offende la storia e il paesaggio.

NICOLA SIGNORILE

(pubblicato oggi su La Gazzetta del Mezzogiorno)

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