
Ombre lunghe dell’urbanistica «contrattata» _ La Rossani dopo i parcheggi
L’attività della ripartizione urbanistica del Comune è praticamente bloccata a causa dell’indagine sugli appalti del gruppo Degennaro. Ma l’inchiesta non dovrebbe inibire l’attività politica. La ragione dello stallo è un’altra: come s’è visto e ascoltato in questi giorni, il rapporto tra partiti e liste del centrosinistra e il loro elettorato è gravemente incrinato dalla delusione e dalla amarezza. E appare chiaro che la crisi va ben oltre gli omaggi ittici per Natale ma era iniziata ben prima dell’esplosione dello scandalo giudiziario. A queste condizioni, sarà ben difficile recuperare il terreno perduto, ciò nonostante l’amministrazione comunale si trova di fronte ad un bivio: proseguire sulla strada del decisionismo indifferente e rafforzare così la solitudine di un gruppo dirigente autoreferenziale, oppure riaccendere i canali di comunicazione con le associazioni, i comitati e quel che resta delle forme di cittadinanza attiva, rimettendo in discussione recenti decisioni e scongelandone qualcun’altra.
Una decisione sulla Rossani è urgente. La disastrosa fine della esperienza del project financing dei parcheggi interrati e dei programmi integrati per le case dei poliziotti – almeno sul piano della percezione pubblica, se nulla si può ancora prevedere sul fronte giudiziario – indica tutti i rischi (e sono molti) dell’«urbanistica contrattata», soprattutto quando sia debole il potere pubblico di fronte alle pressioni del privato. Non è una faccenda solo barese, ma italiana: l’allarme è stato lanciato già da qualche anno da urbanisti come Luigi Mazza, Leonardo Benevolo e Edoardo Salzano e da partigiani del paesaggio come Salvatore Settis.
I fatti che emergono dalle carte dell’inchiesta barese (siano oppure no reati, poco importa adesso) hanno messo la pietra tombale anche sullo studio di fattibilità per la Rossani e tuttavia la giunta comunale, nonostante gli impegni presi, non ha ancora formalmente revocato la relativa delibera. Ieri si è tenuta al Comune una riunione tecnica per avviare la progettazione (o meglio, un altro studio di fattibilità!) del parco, come richiesto da comitati e associazioni. Ma peserà su qualsiasi studio la strabiliante rinuncia ai 13 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione. Il sindaco non ha nemmeno risposto all’accorato appello a recuperare quei soldi rivoltogli dalla circoscrizione Carrassi S. Pasquale. In realtà la «ripicca» nei confronti della Regione cela la convinzione – coltivata da qualcuno assai vicino ad Emiliano – che quei milioni possano domani andare a finanziare la galleria d’arte contemporanea al Margherita. Un progetto ancora all’esame «tecnico» di una apposita commissione di funzionari del Comune e della Regione e che appare già come onerosissima impresa finanziaria, tutta a carico delle casse pubbliche e tutta a vantaggio del partner privato (come abbiamo illustrato in «Piazza Grande» del 25 gennaio e del 7 marzo scorsi).
I fatti giudiziari descrivono in questi giorni quanto siano insidiosi i rapporti pubblico-privato sviluppati nella «contrattazione» invece che nella «partecipazione». Ebbene, dai fatti giudiziari di questi giorni ci aspetteremmo perciò la rinuncia all’ipotesi del Bac al Margherita e che le risorse e le intelligenze del Comune fossero impegnate nello sforzo di dare una risposta politica alla «crisi dell’urbanistica».
Basterebbero due azioni per invertire la rotta: avviare una attività di progettazione partecipata per la Rossani, costruendo un laboratorio urbano vero (e non un paio di forum semiclandestini) e bandire la gara per l’affidamento della progettazione del Pug, il piano urbanistico generale il cui documento programmatico preliminare, consegnato a dicembre 2010 e approvato dalla giunta ormai sta già cominciando ad invecchiare. E intanto nel limbo fra vecchio Prg e nuovo Pug si muovono a loro agio le ombre dei project financig, degli accordi di programma, degli appalti «su misura» camuffati da ricerche di mercato. Si possono dissipare le ombre? Come ripeteva l’architetto Gian Luigi Nigro (capogruppo dei progettisti del Dpp, scomparso un mese fa): «un piano urbanistico non è tecnica, ma un atto politico tecnicamente assistito».
E un atto politico reclama volontà politica.
NICOLA SIGNORILE